“Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia.” (Papa Francesco)
Chi vive la fatica e la gioia del perdono, più facilmente è disposto al perdono. Il perdono evangelico è sempre un perdono da peccatori e non da giusti. Chi di noi è senza peccato?
Nel Regolamento Metodologico Agesci il sostantivo “perdono” e il verbo “perdonare” sono del tutto assenti. Si preferisce l’espressione “correzione fraterna” (artt. R/S 17.40). Lo stesso vale anche per il nuovo Manuale di Branca R/S (2018) in cui i riferimenti alla correzione fraterna sono più frequenti (pp. 46.226.246.251).
Anche la comunità R/S è il luogo del perdono e della festa. E’ una comunità che si va costruendo sulla strada, passo dopo passo, e che ogni tanto sente il bisogno di verificare se stessa, di riconoscere che alcuni obiettivi condivisi sono stati raggiunti e altri ancora no. In una comunità in cui ci si vuole bene e ci si aiuta a crescere, con amore e non rispetto, si può vivere la correzione fraterna, sempre alla luce del Vangelo della misericordia; senza mai dimenticare che non è sufficiente vedere le cose che non vanno. Nel Vangelo – in particolare quello di Luca – il vedere si sposa sempre con il sentire compassione. E dopo la correzione fraterna… non dimentichiamoci di fare festa. Il perdono ricevuto e donato è la gioia del cuore di Dio.
Il Vangelo secondo Luca è conosciuto anche come il Vangelo della Misericordia e del perdono. Per capirne il motivo basta aprirlo al capitolo 15: vi troviamo le tre parabole della misericordia: si narra di donna che smarrisce una moneta; di un pastore che smarrisce una pecora e di un padre che perde un figlio. In tutte e tre emerge chiaramente il volto di un Dio che non si dà pace di fronte allo smarrimento dei suoi figli, fosse anche uno soltanto. Dio non rimane impassibile, imperturbabile o immobile. I nostri smarrimenti sono il dramma del cuore di Dio, perché “essere amore è sua inevitabile pena” (D. M. Turoldo).
Le parabole della misericordia sono tutte caratterizzate dal movimento: quello della donna che mette sotto sopra la casa per trovare la moneta tanto preziosa per la sua economia domestica. La ricerca del pastore che se ne va tra rovi e dirupi, su e giù per le valli, anche quelle più oscure e non vede l’ora di riportarsi a casa la sua pecora smarrita. La corsa di quel padre che, da lontano, vede il figlio disgraziato che se ne torna a casa: gli corre incontro, gli getta le braccia al collo, pronto a fare una grande festa per quel figlio perduto e ritrovato.
Dio, come il pastore della parabola, ci corre dietro, disposto a perdersi lui stesso tra i dirupi del tempo e dello spazio, a smarrirsi nella terra della morte, pur di ritrovarci. Ci viene a cercare proprio perché non ci vuole perdere. Noi siamo preziosi ai suoi occhi. “Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,1-10).
Dopo la corsa… la gioia. Nel vangelo di Luca non si dà perdono senza fare festa. Una festa da condividere, incontenibile, che si allarga a cercare amici e vicini (15,6.9); una tavola imbandita con piatti prelibati e vini eccellenti (15,23-24). Una festa che s’ha da fare: “Bisognava far festa” (15,32). Una festa, quella dell’incontro, dell’accoglienza e del perdono… che le persone per bene, che si ritengono dalla parte del giusto e che pensano di conoscere Dio… non riescono a comprendere e, quindi, a condividere (Lc 15,2). E anche questo è il dramma del cuore di Dio.
Il perdono, la remissione dei peccati, la liberazione dei prigionieri sono gli obiettivi della mission di Gesù: li dichiara apertamente fin dalla sua prima predica nella sinagoga a Nazaret (Lc 4,16-19). Per Gesù, il perdono è una forza che rimette in piedi le persone (Lc 5, 17-26), che dà loro un futuro (Lc 7,50). Il perdono nasce dalla convinzione e dalla speranza che le persone possono sempre diventare migliori, anche se peccano sette volte al giorno (Lc 17,3), dichiarandosi ogni volta pentite.
Il perdono è fondamentalmente un messaggio di fiducia verso l’altro; è credere che nessuno può essere identificato con la colpa che cha commesso: dunque, “nessuno uccida la speranza, neppure del più feroce assassino, perché ogni uomo è una infinita possibilità” (D. M. Turoldo).
Siamo tutti come un vaso di creta, estremamente fragile, ma con un tesoro dentro, che rimane tale anche quando il vaso si rompe: chi perdona sa riconoscere il tesoro nascosto in ogni persona, anche nel più terribile assassino: c’è una amabilità oggettiva che non dipende dalle qualità estetiche, morali o sociali del soggetto.
Il fratello che commette una colpa va rimproverato (Lc 17,3), perché il male fa male, sia a chi lo riceve come a chi lo mette in atto.
Il perdono è qualcosa di divino (Lc 5,21). Non ci è facile perdonare. Il perdono non nasce spontaneo. E’ istintivo piuttosto allontanare chi ci minaccia o ci fa del male; tagliarlo fuori dalle nostre relazioni: a volte è una strategia di difesa; altre volte è una strategia colpevolizzante che si esprime con espressioni taglienti, come lame a doppio taglio: “Tu sei sempre lo stesso, non cambierai mai…con te è inutile parlare; tu con me hai chiuso… tu per me non esisti!): tutte cose che comprimono, schiacciano e qualche volta disintegrano le nostre relazioni. Per tutti questi motivi, il perdono è tra i comandamenti più difficili da osservare (Lc 6, 36-37).
Nella casa di Simone il fariseo (Lc 7,36-50), sotto lo sguardo giudicante delle persone per bene, una donna peccatrice si intrufola e, stando dietro a Gesù, gli lava i piedi con le sue lacrime, glieli asciuga con i suoi capelli, li bacia e li cosparge di profumo. Gesù Maestro, a Simone e a noi, offre una mirabile lezione di perdono: esso ha sempre a che fare con l’amore gratuito: “Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».
Il perdono, come la preghiera (Lc 11, 1-4), si impara. Alla scuola dell’unico Maestro, possiamo dire: “Signore, insegnaci a perdonare”. Ne abbiamo bisogno come del pane, tutti i giorni; tant’è vero che, nella preghiera del Padre nostro, la richiesta del perdono viene subito dopo quella del pane quotidiano: “perdona a noi i nostri peccati” (Lc 11, 3-4).
Per cosa devo chiedere perdono oggi? Cosa posso perdonare?
Quali sono i ragazzi che dobbiamo andare cercare?
Cosa sappiamo raccontare del Suo perdono ai nostri rover e scolte?