Gesù e la famiglia

GESÙ E LA FAMIGLIA

(Cecilia Sgaravatto)

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La famiglia è la più significativa esperienza di comunità dell’uomo, perché risponde al bisogno primario di incontro con l’altro, di cura, di relazione, di appartenenza e di sostegno nelle difficoltà. È importante come cellula fondamentale della società, tanto che viene riconosciuta e tutelata giuridicamente.

È luogo di origine della vita, culla dei valori che formano la personalità dell’uomo, luogo primario dell’affetto e dell’educazione, di trasmissione delle tradizioni e della memoria, di celebrazione di riti, ricorrenze e feste, rifugio e porto per gli affaticati e consolazione per i sofferenti, espressione dell’incanto dell’incontro delle diversità di ognuno.

Nell’affetto e nell’amore della famiglia si sperimenta l’accoglienza, nonostante i limiti e gli sbagli, il perdono autentico dopo gli errori, la fiducia e il rispetto per le tappe di crescita, la collaborazione nei momenti di bisogno, la condivisione dei beni materiali e spirituali.

A volte si sperimenta però il fallimento, la difficoltà di capirsi, il conflitto, la divisione o il rifiuto, l’incapacità di amarsi e di accettarsi, ma anche l’opportunità di ricominciare che muove dall’amore reciproco tra i membri della famiglia.

VITA R/S

La comunità R/S può diventare autentica esperienza di famiglia, vissuta con forte senso di appartenenza, che spinge a partecipare, a mettersi in gioco, a superare i propri limiti per incontrare gli altri. Diventa possibile sperimentare la gioia e la fatica dello stare insieme, incontrando amici e fratelli. Si vive con entusiasmo l’incontro con i compagni di strada e si desidera costruire un progetto condiviso per la crescita della propria personalità e per sentirsi accompagnati nel vivere la chiamata di Dio. Nella comunità R/S si aprono gli orizzonti, attraverso il confronto con idee nuove, si impara a condividere le opinioni, si è aiutati dal sostegno degli altri e si cresce insieme. La strada percorsa diventa così luogo di incontro e scambio, per svelare il cammino della vita e imparare a servirsi gli uni gli altri guardando soprattutto i più deboli.

GESÙ e la famiglia

Gesù afferma con la propria vita il valore della famiglia nel progetto di Dio. Egli cresce in una famiglia, rispetta i genitori e incontra nella sua vita molte esperienze familiari, con cui si immedesima e con cui condivide gioie e dolori.

Nel vangelo di Matteo viene narrata la nascita di Gesù, proprio in un contesto di famiglia di cui l’evangelista racconta anche la genealogia (Mt 1,1-17), che lo colloca in un passato in cui è riconoscibile la fedeltà di Dio.

Giuseppe e Maria con il loro sì assumono la responsabilità di genitori come atto di accoglienza della volontà di Dio e si prendono cura di quel figlio, con la stessa insicurezza che vive ogni genitore nel non conoscere la strada che il figlio dovrà percorrere. Restano vicini a Gesù in ogni momento, anche nel dolore, come ha fatto Maria ai piedi della croce.

La famiglia diventa segno visibile dell’amore di Dio e l’amore generativo tra uomo e donna viene assunto come espressione dell’amore generativo di Dio (Mt 19,4-6).

Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina – e disse – Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

Un’attenzione speciale è poi riservata ai bambini, che nella famiglia sono i più fragili. Gesù ne riconosce la dignità (Mt 19,13-15), anzi, dice che ad essi appartiene il regno dei cieli.

Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.

Tutto il capitolo 18 del vangelo di Matteo si svolge con il bambino al centro, come a dire, in modo molto chiaro attraverso il simbolo, che al centro della famiglia, al centro della comunità, dello stare insieme c’è il bambino. Egli indica il limite, il bisogno, la piccolezza. È proprio nel nostro limite, nel nostro bisogno, nella nostra piccolezza, che entriamo in comunione con gli altri.

Il problema fondamentale della nostra esistenza è vivere il limite. O viviamo il limite come luogo di comunione, allora, diventiamo figli di Dio, uguali a Dio che è comunione e amore. Oppure viviamo il nostro limite come luogo di difesa e di aggressione; allora diventiamo il contrario di Dio, cioè odio, tristezza, morte, fino alla dissoluzione della persona e delle relazioni.

Gesù ha provato l’affetto e la tenerezza verso gli uomini, come avviene nella dinamica della famiglia, e ha quindi soccorso e aiutato le persone, che ha incontrato, inserendole nel cammino di testimonianza dell’amore di Dio (Mt 8,1-34).

Gesù con i discepoli vive l’esperienza di famiglia, di comunità e di condivisione, anche nella dimensione affettiva. Li chiama a seguirlo e con loro compie la sua missione di annunciare la buona novella alle genti. Mt 4,18-22 racconta la chiamata dei primi discepoli:

Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Gesù sceglie di chiamare coppie di fratelli, non è un caso forse, perché i fratelli sono il mo-dello di ogni relazione. Ma fratelli non si nasce, lo si diventa. Lo si diventa attraverso un cammino faticoso di condivisione, di riconoscimento reciproco e di perdono. È un cammino lungo che non sempre giunge a buon fine. Il libro della Genesi ci presenta diverse relazioni tra fratelli (Caino e Abele, Esaù e Giacobbe, Giuseppe e i suoi fratelli) che sono sempre relazioni complicate, relazioni difficili al punto da cercare e desiderare la morte dell’altro. Anche Gesù parte da lì: chiama coppie di fratelli, quasi a voler guarire quel conflitto originario che la Genesi aveva descritto. Questi fratelli sono chiamati a cercare insieme un nuovo punto di riferimento: lasciare il loro padre sulla barca con le vecchie reti, per riconoscere una nuova fonte di vita a cui attingere, un nuovo Padre.

Nel vangelo di Matteo (Mt 12,46-50) si incontrano anche delle parole molto forti e provocatorie di Gesù sulla famiglia:

Mentre egli parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre».

L’intervento di Gesù ci presenta la rottura che il regno dei cieli produce nei confronti dei legami umani di parentela. Una nuova famiglia nasce attorno a Gesù. L’immagine di questa nuova cerchia familiare è rafforzata dal fatto che Matteo designa Dio col nome di Padre. Chi fa la volontà del Padre come Gesù, diventa per lui fratello, sorella e madre. Questa comunione ha sopra di sé il Padre e, in mezzo, Gesù come fratello di tutti (18,20).

La Chiesa, come comunità e famiglia, diventa così esperienza tangibile e visibile sulla terra dell’amore di Dio, luogo dell’accoglienza e della comunione fra fratelli e amici in Dio. Gesù invita i discepoli a diffondere il suo annuncio entrando nelle case, nel cuore della famiglia (Mt 10, 1-15). La modalità principale è quella della relazione, dell’incontro tra persone e tra famiglie, per accogliere e offrire la sua pace.

Meditare…e voi chi dite che io sia?

Ognuno di noi può pensare alla propria esperienza di famiglia, richiamando al cuore e alla mente il bene ricevuto: come figlio/figlia dai propri genitori nel dono della vita; come sposo/sposa dalla passione, che porta a crearsi una famiglia propria; come padre/madre dal generare, prendersi cura, soffrire per la vita dei figli e riceverne in cambio amore; come fratello/sorella dalla condivisione di momenti felici o tristi e anche di complicità.

E ognuno di noi può pensare all’esperienza di famiglia richiamando al cuore e alla mente le difficoltà vissute nel dolore di non sentirsi compresi, nella rabbia che nasce dai conflitti e dallo scontro delle diverse opinioni, nella paura di perdere la fiducia dell’altro, nel sentimento di oppressione del dover sottostare alle regole necessarie per vivere insieme, nella frustrazione di non poter raggiungere la condivisione sperata.

Nel nostro servizio siamo capaci di relazioni attente all’altro e contraddistinte dall’amore, che diventa affetto e cura come nella famiglia e quindi testimonianza dell’amore di Dio?

Nel nostro cammino di incontro e di relazione con Dio, come ce lo ha fatto conoscere Gesù, come incarniamo il vangelo? Ci affidiamo alla sua Parola con la fiducia di figli?

Siamo orientati ad essere chiesa, comunità di fedeli che sanno amarsi come famiglia, lì dove siamo chiamati a svolgere il nostro servizio?