Gesù e i discepoli

GESÙ E I DISCEPOLI

(don Giorgio Moriconi)

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Discepolo (da “disco”, imparo) è una parola che deriva dal latino discipulus: allievo, che a sua volta deriva da discere, apprendere; si riferisce a chi studia o si rifà agli insegnamenti del Maestro. 

Il discepolo è l’uomo delle strade del mondo che è fornito di alcuni strumenti necessari: il bastone del pellegrino e la bisaccia del cercatore contenente degli oggetti preziosi: il ciottolo del lago, il ciuffo d’erba, il frustolo di pane, la scheggia della croce, il calcinaccio del sepolcro vuoto. 

Vita R/S

Nella vita della comunità R/S vi sono momenti cruciali che rafforzano il senso dello stare insieme e che rendono conto dell’identità del gruppo. Una comunità di clan/fuoco si riconosce tale non solo per le relazioni che la legano ma anche per la scelta di seguire determinati valori, principi, impegni e condividere quindi un cammino che porti a scoprirsi sale della terra e luce del mondo.  La carta di clan definisce un orientamento al proprio andare, come persone e come comunità. Ma non basta da sola: occorre l’impegno e il desiderio di alimentare quel cammino, la capacità di riconoscersi piccoli, cercati e amati, impegno e desiderio che la vita concreta, le esperienze possono dare.  È la concretezza, della relazione, della Parola, del perdono, che possono stimolare a seguire uno stile di vita autentico nella certezza di avere sempre Qualcuno accanto nel proprio cammino. Si tratta di un’adesione reale, non formale. L’occasione della firma della carta di clan, così come le altre cerimonie, diventa momento sobrio, in cui il senso e la verità sono tutti nel gesto stesso, non servono ulteriori orpelli.  Farsi discepoli, significa seguire, mettersi per strada. Anche per questo è la strada lo spazio giusto di una cerimonia.

GESÙ e i discepoli

Matteo, prima di cominciare a narrare la missione di Gesù, sceglie di mettere in evidenza la sua prima, iniziale azione compiuta in Galilea 

Egli Chiama, forma un gruppo di discepoli: pur potendo, Gesù non vuole “fare da solo”, ma ha “bisogno” di condividere con degli uomini il progetto del Regno. Li chiama mentre svolgono ogni tipo di lavorodei pescatori mentre gettano le reti, un esattore delle tasse che si appropria iniquamente di denaro a discapito degli ultimi... 

È Gesù che li chiama: non sono loro a scegliere il maestro come accadeva nelle scuole rabbiniche del tempo ma è il Messia a cercarli e coinvolgerli: in quella chiamata essi possono riconoscersi importanti, preziosi, amati. Li chiama per nome: non sono uomini speciali, dotti ed esenti da peccato, ma persone concrete, impastate di umanità! Ha un rapporto personale con le singole persone e li chiama due a dueperché considera fondamentale che siano in comunione e abbiano cura l’uno dell’altro! 

Gesù si rivolge loro con autorità e autorevolezzali chiama con un imperativo “Seguitemi!” e senza dare loro ulteriori spiegazioni circa il da farsi, le modalità della sequela e gli obiettivi. 

Nasce spontaneo chiedersiperché lo seguono, cosa trovano in lui? 

Lo seguono perché riconoscono in colui che li chiama un’autorevolezza nuova, che si manifesta nei gesti che compie, nell’accoglienza intrisa di misericordia che dona a tutti coloro che incontra e nella parola che riesce a ferire e a guarire il cuore dell’uomo. 

A questi uomini che iniziano a fidarsi e a seguirlo egli chiede un cambiamento profondo: devono lasciare “la rete…la barca”, cioè tutte le certezze materiali, “il padre”, cioè gli affetti più cari, per avere come unico centro della loro vita il maestro, lasciando che sia Gesù a prendersi cura di loro (Mt 4,18-22)! 

 

I discepoli avranno così l’opportunità di ascoltare parole nuove e vedere le opere grandi, talora incomprensibili, compiute dal più grande dei maestri. 

In primo luogo, Gesù rivolge ai discepoli l’annuncio della strada per essere beati, felici (Mt 5,1-12) ovvero ogniqualvolta ciascuno prende consapevolezza di essere povero, mite, affamato di giustizia, etc. Egli enuncia poi lo stile che deve essere proprio di coloro che lo seguono: essere luce del mondo, essere sale della terra (Mt 5,13-16). Questo annuncio, parte del primo dei cinque grandi discorsi raccontati da Matteo (vedi struttura del vangelo di Matteo), inizierà a “dare senso” alla scelta dei discepoli di lasciare tutto per seguirlo… 

Il cammino a seguito del maestro non sarà però facile, né scontato: sono diversi gli episodi in cui “serpeggia il malumore” tra i discepoli, per i motivi più disparati, un po’ come accade nel nostro quotidiano cammino dietro Gesù… 

“Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?! E Gesù risponde a Pietro: “il centuplo e la vita eterna” (cfr. Mt 19,27-30).  

Proprio Pietro vive un percorso esemplare al seguito del maestro: egli, solo grazie al suo rapporto con Gesù, attraverso ricerca, ascolto, slanci di coraggio e sentimenti di paura (Mt 14,22-33), atti di fede (Mt 16,13-19) e tradimenti (Mt 26,69-75) compirà una strada alla scoperta di sé stesso, di affermazione del proprio credo, del proprio senso, una comprensione profonda della propria vita.  

Interessante l’episodio in cui Matteo, diventato discepolo, prepara una cena per Gesù a cui invita anche i “suoi amici” pubblicani e peccatori che si mettono a mensa con Lui (Mt 9,9–13). Uno degli ambiti fondamentali della purità, nella concezione ebraica, è proprio la “mensa”. Nella tradizione d’Israele ci sono tutta una serie di regole, anche dettagliate e scrupolose, su quali siano i cibi puri e impuri o su quali siano i commensali con cui “si può stare a tavola e con cui “non si deve stare a tavola”. Israele è un popolo santo: queste regole di separazione servono a garantire che gli israeliti siano staccati dalle impurità di qualunque genere, cibi o persone, e mantengano quindi la loro purezza. È chiaro quindi come i farisei non riescano a comprendere l’atteggiamento di Gesù che “va a tavola con i pubblicani e i peccatori”. Egli, pur attaccato alla santità, rompe queste separazioni, compie un gesto di comunione con loro (e questo “è un disastro” dal punto di vista della spiritualità ebraica poiché è contaminazione). Gesù non vede la santità nella separazione rispetto a tutto quello che sta al di fuori dell’ambito del santo ma nella dilatazione della misericordia di Dio.  

Gesù ha molto chiaro il senso del peccato, del male, dell’ingiustizia o della lontananza da Dio. Ma prende altrettanto in considerazione la «misericordia»che è una forza che viene da Dio, e che si esprime in concreto nel “perdono del peccatore”, e nella “chiamata del peccatore”: «non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori». “Chiamare” è esattamente il chiamare a conversione, donando loro, come ai discepoli, la possibilità del rinnovamento, reale ed effettivoqui, in questo momento. La misericordia di Dio è infinita, ma tocca al Dio fatto Uomo, a Gesù, manifestare la misericordia facendola arrivare in concreto ai peccatori. 

 

Questo è il messaggio che i discepoli, nella strada alla sequela di Gesù, sono chiamati a cogliere e a vivere, in primo luogo, nel proprio cammino di crescita personale e, di conseguenza, nel cammino con gli altri. Essi si riconoscono amati e rinnovando la propria vita alla luce della sua parola, hanno un cuore dilatato di amore che si fa accoglienza e cura dell’altro.  

“Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli […] Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (cfr. Mt 28,16-20). I discepoli si avvieranno lungo le strade dell’annuncio affinché ciascun uomo possa conoscere Dio e possa conoscere profondamente sé stesso, consapevoli che quella relazione con Cristo non cesserà mai: l’Emanuele, il Dio-con-noi, è vivo, è qui, tutti i giorni, fino alla fine del mondo. 

Meditare…e voi chi dite che io sia?

Sei consapevole che Gesù chiama e accoglie ciascuno così com’è? Quali voci ti impediscono di ascoltarlo? Sei in grado di lasciarti abbracciare e coinvolgere?  

Quali malumori serpeggiano nel tuo cammino di fede? Cosa sostiene la tua scelta di camminare dietro a Gesù?  

Cosa ti rende aperto all’accoglienza e alla misericordia? Dove puoi provare a viverla? 

La lettura che ti consiglio per approfondire questo tema è Don Tonino Bello, La bisaccia del cercatore