RIBELLIONE

RIBELLIONE

(suor Mina Rossi)

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Prima di affrontare un argomento che ha come punto di riferimento una “parola” bisognerebbe accordarsi su un comune significato altrimenti si rischia di seguire sensazioni personali che sicuramente rendono “liberi”, ma che forse ci allontanano dalla possibilità di crescere comunitariamente oltre che personalmente. Ecco che per parlare di ribellione sono andata alla ricerca del suo significato: “Reazione conseguente ad uno stato di esasperata soggezione o costrizione, capace di tradursi in aperta rivolta armata ( la r. di un popolo ; r. contro le forze dell’ordine ; reprimere una r. ), in un deciso rifiuto all’obbedienza ( r. ai genitorialla disciplina ), o anche, fig., in un istintivo atteggiamento di protesta ( r. contro la sorte ).

Tutti nella vita facciamo esperienza di “ribellione” ma forse non tutti riusciamo a collocare questa reazione come tassello di crescita nella comprensione di ciò che siamo e di ciò che vogliamo. Conoscere i sentimenti che ci abitano e le reazioni che ci procurano sono un passo importante per comprenderci e, soprattutto in ambito educativo, per comprendere.

Kelly e Baden con le Aquile Randagie

VITA R/S

Incontrare e conoscere persone che hanno saputo obbedire e che hanno saputo ribellarsi.

Per amore del mio popolo non tacerò” (don Peppe Diana)
“Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!” (Peppino Impastato)

Ribellarsi non è solo andare contro un potere precostituito, è anche andare controcorrente.
Le Aquile Randagie, si impegnarono a non fare utilizzo della violenza e quindi delle armi, secondo il motto “Noi non spariamo, noi non uccidiamo… noi serviamo!

La veglia rover può essere un’occasione per non tacere, anzi, chiedersi cosa sia il bene e denunciarne l’assenza. Può essere l’occasione per testimoniare un desiderio di giustizia.

 

GESU’ e la RIBELLIONE

Quando incontriamo qualcuno impariamo a conoscerlo non solo stando con lui ma anche ascoltando le sue parole che sentiamo vere nella nostra vita quando riescono a sfiorare quella parte di noi che vibra di intimità, di tenerezza e forza , di impegno e coerenza, e ti tanta, tanta bellezza. Il modo migliore per conoscere il cuore di Gesù, di capire quelli che sono stati i suoi sentimenti durante tutta la sua vita, è scrutare con curiosità e passione, tempo e tenacia la Sacra Scrittura. Tutti facciamo continuamente l’esperienza che non si delinea il profilo di una persona immaginandolo, ma conoscendo le sue parole e soprattutto, nel caso specifico di Gesù cercando di capire  i significati che dava alle parole ed ai  gesti. Gli evangelisti, cioè coloro che hanno scritto di Lui perché con Lui hanno vissuto ci aiutano in questo cammino.

Il vangelo di Luca, ha nel suo interno parabole “di misericordia” che Gesù utilizza per farci comprendere che l’amore vero è fatto anche di sentimenti di ribellione nella comprensione che c’è un di più che calma e dona vita.

Durante tutta la sua vita Gesù si è trovato in condizioni e situazioni dove la ribellione nel non vedersi capito nel bene che faceva e che diceva sicuramente lo rattristava nella sua umanità: quando vede i venditori al tempio e li scaccia, quando da bambino si perde nella carovana e non si sente compreso dai genitori che “angustiati lo cercavano”, quando viene cercato dalle folle perché fa miracoli e non perché libera i cuori, quando i suoi discepoli non lo capiscono e l’abbandonano, quando prega e suda sangue e chiede di allontanare da lui la sofferenza, ecco in queste situazioni Gesù sicuramente voleva fare altro… un po’ quello che capita a ciascuno di noi quando le cose non ci vanno bene: vogliamo fare altro, oppure “da un’altra parte potrei realizzarmi”, o ancora “lascio questa persona perché ormai non mi capisce più”.

Alla fin fine ribellarsi non è altro che “fare altro”….ma ne siamo realmente convinti? Ed ecco che Gesù in questo ci aiuta poiché con le sue scelte ci testimonia che la certezza che tutto è per un bene più grande e che l’attesa e la pazienza sono medicine che curano il sentimento di ribellione aiutano a trasformare quel sentimento di pretesa accettazione in sentimento di libera accettazione. Forse questo ci può sembrare strano ma Gesù con le sue parole e con la sua vita ci aiuta a comprendere che la ribellione che ciascuno di noi sente non è il fallimento di una promessa di Dio, ma l’esigenza dell’espressione volontaria e libera della nostra adesione al suo messaggio. E quale miglior modo di esempi pratici per aiutarci a comprendere noi stessi e noi stessi in Lui.

La parabola del “Padre misericordioso” (Lc 15,11-31) è una di quelle parabole dove la “ribellione” di chi pretende cede il passo all’ “amore” di chi attende. I personaggi di questa parabola sono fondamentalmente tre: un padre con i suoi due figli. La prima parte parla del figlio minore inesperto, idealista e forse desideroso di fuga  che chiede al padre la sua parte di eredità. Viene usato un imperativo “dammi” che sottolinea l’incapacità da parte del figlio di dialogare. Allora il padre divise le sostanze ed il figlio più giovane raccolse le sue cose e partì per un paese lontano. In realtà più che il termine “raccolse” la traduzione è “sciolse”. Il figlio decide di sciogliersi dal padre e di vivere per le ricchezze che non diventano motivo di crescita ma pretesto di divisione, lui: era posseduto dalle ricchezze.
Ecco che quando meno te lo aspetti arriva la grande prova, il grande imprevisto della sfortuna che lo mette al centro di se stesso dove si vede uomo fallito e solo. Fino a questo momento il ragazzo è sempre “uscito”, ora inizia a “rientrare”. “Rientrò in se stesso”: questo cammino vissuto in uscita ora si trasforma in un cammino di rientro. Inizia a parlare da solo, vuole vincere la sua solitudine e adesso sente il bisogno di tornare. “Partì e si incamminò” .La ribellione di una vita monotona apparentemente mortificata dalla presenza di un padre, si trasforma nell’esodo del ritorno, cioè in quel cammino che facendoci uscire ci riconduce a quella parte di noi più vera, più bella che ha radici profonde. L’atteggiamento del padre è quello di colui che attende con speranza, che sa che il ritorno è possibile, che pazienta una vita nuova nel cuore del figlio. Silvano Fausti parlando dell’atteggiamento del padre dice: “Correndo verso di lui annullò la lontananza”. Ammettendo il suo fallimento il figlio fa verità e il padre quasi mettendogli la mano sulla bocca gli fa capire che :tu sei accolto! E lo riveste del “vestito più bello” ma il testo dice “del primo vestito” ,il che significa che non tiene conto di ciò che ha fatto:il punto di arrivo è la festa. Ma c’è un altro modo di provare ribellione. Il figlio piccolo si è ribellato andando via, il figlio grande vive ribelle rimanendo in casa. L’ultima scena infatti è la contestazione del figlio maggiore. Anche in lui c’è un ritorno ed una solitudine. Il figlio minore è rimasto solo uscendo fuori, il maggiore vive la solitudine pur rimanendo dentro, a casa. Si passa dall’amore più estremo alla rabbia ed alla ribellione più profonda. “E non voleva entrare ed il padre uscì a pregarlo: io ti servo…meglio: io sono tuo schiavo!
Ma il padre gli ricorda: Tu sei mio figlio! Ecco il dramma del figlio maggiore: quello di non aver mai capito il cuore del padre e ha sempre vissuto da schiavo. Il padre, chiamandolo figlio, o meglio creatura mia gli ripete: te sei sempre con me, ed è come se lo abbracciasse, ma non può fargli violenza…..se tu vuoi…..ma bisogna fare festa!. Ciascuno nel suo cuore ospita questi due fratelli, cioè ospita momenti in cui la ribellione lo porta ad uscire per poi tornare e momenti in cui pensando di stare dentro al posto giusto ostinatamente si vive fuori.
L’abbraccio del padre ed il suo desiderio di far comprendere che la festa è la piena consapevolezza di quello che siamo e viviamo non deve annullare in noi il desiderio di ricerca, ma soprattutto non deve soffocare il noi la capacità di dialogare, di conoscere, di ammettere i propri errori, di deciderci a camminare dentro di noi più che fuori.

Gesù non è un populista, un pauperista, lui sperimenta sulla sua carne l’abbandono, la derisione, ma la sua ribellione esce trasformata nella convinzione che l’euforia della libertà senza regole, della passione soddisfatta fino in fondo, del capriccio fatto passare come stile di vita, i moderai eccessi dell’età, fanno diventare l’uomo uno schiavo genuflesso all’avidità. Nella vita ci rendiamo conto che necessariamente dobbiamo fare i conti con eventi imponderabili. Se non impariamo da Gesù a gestire, ma soprattutto a trasformare la nostra ribellione in cuore aperto è come se scegliessimo sempre di andare da uno sconosciuto per aiuto anziché da un amico.

“Abbiamo bisogno di legare il cuore alle cose che contano. La libertà non è slegare il cuore e fare quello che ci piace ma è avere il coraggio di saper ritornare alle cose che contano. Come il figlio è tornato dal padre così è importante ritornare all’inizio della nostra “storia d’amore”. Tutti facciamo parte di una storia d’amore che dobbiamo riprenderci e la prima storia d’amore è quella con Gesù. Il tempo che ci viene donato è il tempo per ridirci quanto siamo fatti a Sua immagine e somiglianza. Nella vita abbiamo bisogno di fare spazio che non significa togliere, ma significa mettere tutto al posto giusto come in una grande biblioteca dove il vento della ribellione ha fatto cadere tutti i libri a terra. Se non si riprendono in mano i libri e non si leggono i titoli non troveremo mai il posto giusto dove metterli. Ciò che la ribellione confonde l’abbraccio di un Dio fatto uomo riordina…..ma solo se lo vogliamo!

MEDITARE…E VOI CHI DITE CHE IO SIA?

 

Quale dei due figli ti rappresenta nel tuo rapporto con Dio? Perché?

Quando nella comunità scaturiscono azioni di denuncia, contrasto, opposizione proviamo a cogliere il senso che tutto questo ha rispetto al progetto di Dio e che rapporto ha con la nostra libertà?

Parlando o condividendo esperienze di “ribellione” con gli r/s cosa potremmo raccontare di Lui?