PAURA

PAURA

(Clarisse Itineranti )

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“Non c’è bisogno di essere eroi basterebbe ritrovare il coraggio di aver paura, il coraggio di fare delle scelte, di denunciare” (don Peppe Diana).

La paura è un sentimento umano che ogni persona nel corso della sua vita prova. La paura ha la forza di bloccare il cammino, di paralizzare o addirittura di far “viaggiare in retromarcia”. Svariati possono esserne i motivi: esperienze traumatiche, sfiducia in sé stessi oppure, addirittura, il sentirsi come imprigionati nel proprio io. La persona che vive di paura è senza libertà, incapace di guardare avanti, di fare il bene, di creare qualcosa di buono e di bello.

Per noi cristiani la paura non è solo assenza di coraggio, ma nasce da un’immagine sbagliata che abbiamo di Dio, mentre Lui non è un Padre che toglie, ma un padre che dona, che ci mette a disposizione talenti per poter affrontare le tempeste della vita e per aiutare altri fratelli a fare lo stesso.

Non potremo evitare di avere paura nel corso del cammino, ma come dice papa Francesco, la paura in noi non deve avere l’ultima parola, ma deve essere un atto di fede in Dio e nella vita.

VITA R/S

Chi di noi, il giorno prima di partire per la route non ha mai pensato “ma chi me lo ha fatto fare?”.

L’esperienza della strada chiede innanzitutto di andare oltre quel sentimento, quell’emozione del tutto naturale che ci spingerebbe a rimanere a casa, rinunciando alla fatica della concretezza e della verità.
La paura, infatti, ha a che vedere con la percezione che ciascuno ha di sé stesso.

Basti pensare all’atteggiamento carico di emozione e preoccupazione prima della partenza per un hike o al momento di inizio di un intenso momento di deserto. Inquietudine, smarrimento, paura.
Scoprirci limitati ci obbliga in qualche maniera ad accettarci imperfetti e quindi bisognosi di aiuto. Guardarsi dentro a fondo, indagare nel profondo dei propri pensieri e, ancor più, dei propri sentimenti, lasciare spazio ad… Altro, ci mette sempre in difficoltà!
Ma non c’è verità senza questa conoscenza.

Ecco allora che la strada, in ogni sua forma, il tempo per fare il punto su sé stessi e per pregare, nella solitudine, mette a nudo le paure, consente di riconoscerle, offre l’occasione per trovare in sé stessi o nei compagni di viaggio le risorse per fronteggiarle e riscoprirsi, in fondo, profondamente amati.

GESU’ e la PAURA

Spesso nella vita ci capita di trovare “folli” alcune richieste di Gesù e ci troviamo in difficoltà, bloccati dalla paura di non riuscire a compiere quello che ci chiede. Pensiamo di non avere “materiale” sufficiente per compiere la sua opera e di fronte alla sua volontà mettiamo i nostri “ma”.

Lui però ci stupisce sempre, perché “nulla è impossibile a Dio”, e moltiplica quello che noi consideriamo un niente (Lc 9,12-17; 17,5-6).

Le richieste di Gesù sono radicali, molte volte controcorrente (Lc 10,25-37); ci mettono in discussione, sembrano sempre toglierci qualcosa. Umanamente siamo portati a scegliere strade più brevi, facili, comode, ma tutte sono strade senza uscita, vicoli ciechi. La nostra paura dell’insuccesso nell’immediato può bloccarci, paralizzarci, ma Gesù stesso ha percorso la stessa nostra strada e ci ha dimostrato che non è la gloria del momento il centro della nostra vita, ma il lavorare per un qualcosa di sempre più grande e importante (Lc 9,23-27).
Quanta paura ci fa il male, il peccato! Sappiamo che Gesù è più forte di tutto ciò, che Lui ha sconfitto la morte, eppure sempre impauriti ci rivolgiamo a Lui, che pazientemente, dopo averci sgridato, ci ama sopra ogni cosa e combatte per noi e con noi, al nostro fianco.

Anche Gesù ha avuto paura, nel Getsemani, all’avvicinarsi della morte certa, ma sapeva che Dio è grande nell’amore e non ci lascia sopraffare dal male e dal peccato (Lc 9,37-43)
Gesù ci manda “come agnelli in mezzo ai lupi”; Lui stesso è morto sulla croce, come agnello di fronte ai tosatori, ma non ha aperto bocca.

La missione spesso ci spaventa: fallimenti, incomprensioni e, perché no, anche derisioni. La nostra fede e il nostro coraggio devono vincere il nostro timore che ci fa tornare indietro, “mettere mano all’aratro”, guardarci indietro, per la paura di essere troppo deboli, dimenticandoci che è proprio nella mia debolezza che si manifesta appieno l’amore di Gesù (Lc 10,3).

A volte si ha paura della coerenza, del professare il nostro credo nel mondo, di essere testimoni veraci di quello che Gesù ci insegna ogni giorno. Abbiamo paura di chi ci mette i bastoni tra le ruote, ma non capiamo che chi deve spaventarci è chi si impegna a non farci essere ciò che siamo, chi ci impedisce di occupare il nostro posto nel mondo, chi ostacola il nostro “sì” al progetto di Dio, alla nostra vocazione. Dovremmo avere paura di questo, cioè della nostra infelicità, non della derisione del mondo! (Lc 12,4-5; 14,25-27).

Quanto accumuliamo nella nostra vita: oggetti, beni materiali, perfino affetti. Che paura ci fa l’incertezza! Ma se capissimo che non si tratta solo questo! Gesù ci insegna a fidarci della Provvidenza, quell’amore paterno di un Dio che, proprio perché pazzo di noi, non ci farà mai mancare il necessario, non ci priverà mai di quello di cui abbiamo bisogno. Lui sa cosa è meglio per noi, qual è il nostro essenziale. Perché accumulare allora? Cosa temere? Il domani arriverà e con lui la Provvidenza di Dio (Lc 12,22-32).

Anche Gesù è angosciato, ma la sua paura è quella di non realizzare il progetto di Dio. “Mio cibo è fare la volontà del Padre”, e questo dovrebbe essere il cibo di tutti noi, questa la nostra unica paura: di non essere in comunione con Dio (Lc 12,50; 13,22-30).

Per paura di fallire e di essere rimproverati da Dio, da un Dio che consideriamo intransigente, come gli struzzi nascondiamo il nostro viso sotto la sabbia invece di metterci in gioco. Abbiamo paura di investire i nostri talenti, di scommettere su noi stessi per il timore delle conseguenze: ma sbaglia solo chi fa. Non dobbiamo avere paura del giudizio di Dio, ma dobbiamo ogni giorno fare del nostro meglio per rendere più bello quello che abbiamo intorno, mettendo in gioco noi stessi, i nostri doni, le nostre abilità (Lc 19,20-22).

MEDITARE…E VOI CHI DITE CHE IO SIA?

Se mi metto in ascolto della Paola di Dio, della vita, posso accorgermi delle meraviglie che ogni giorno accadono e cosa mi è chiesto di fare per far sì che tutto ciò non muoia.

Quanti ma, quanti se, quanti ostacoli mi creo per paura di non essere all’altezza della situazione?

Metto in gioco i miei talenti, i miei doni, con la consapevolezza che solo così si moltiplicano, o per paura del fallimento, di critiche, tengo le mie capacità per me, con la conseguenza che anche chi mi sta accanto poi non possa vedere la bellezza del mondo?

Quando un ragazzo ci racconta le sue fragilità o le sue paure, cosa raccontiamo di Lui?